La creatività è multiforme
Ora assume una forma, ora un’altra. Che dire di carta e penna, delle aiuole fiorite nei giardini… certo sfiorare con amore le foglie di una pianta, far andare il telaio, trovare la propria voce, amare bene qualcuno… scavare alla ricerca dell’oro psichico, trovare una parola ben fatta, cucire una tenda
Tutto rientra nella VITA CREATIVA
Alcuni dicono che la vita creativa sta nelle idee ,altri dicono che sta nei fatti.
In molti casi pare trovarsi nel semplice essere…E’ L’AMORE PER QUALCOSA.
Non importa se per una persona ,una parola ,un’immagine ,un’idea ,la terra ,l’umanità…
La capacità creativa è IL BENE PIU’ PREZIOSO DELLA DONNA PERCHE’ DONA ALL’ESTERNO E LA NUTRE ALL’INTERNO, ad ogni livello psichico e mentale, emotivo ed economico”

Con queste parole l’autrice Clarissa Pinkola Estes inizia un capitolo del suo libro.
Ve lo ripropongo, anche se in Italia è già tato pubblicato da Frassinelli , perchè proprio in prossimità delle feste sarebbe un regalo utile per voi e per le vostre amiche.
Brano tratto dal libro: la fiaba di Barbablu






BARBABLU

 
Una matassina di barba è conservata in un convento di monache lontano sulle montagne. Come sia arrivata al convento nessuno lo sa. Alcuni dicono che furono le monache a seppellire quello che restava del suo corpo, perché nessun altro lo avrebbe toccato. Perché mai le monache conservino una siffatta reliquia nessuno lo sa, ma è vero. L’amica della mia amica l’ha vista con i suoi occhi. dice che la barba è blu-indaco per l’esattezza. E’ blu come il ghiaccio scuro sul lago, blu come l’ombra di un buco di notte. Questa barba apparteneva un tempo ad uno che dicevano fosse un mago mancato, un gigante con un debole per le donne, un uomo noto con il nome di Barbablu. Si diceva corteggiasse tre sorelle contemporaneamente.Ma quelle erano spaventate dalla barba dallo strano colore, e così si nascondevano quando le chiamava. Nel tentativo di convincerle della sua mitezza, le invitò a una passeggiata nel bosco. Arrivò con cavalli ornati di campanelli e di nastri cremisi, sistemò le sorelle e la loro madre sui cavalli,e al piccolo galoppo si avviarono nel bosco.

 
Fecero una stupenda cavalcata, con i cani che correvano davanti e accanto a loro. Poi si fermarono sotto un albero gigantesco e Barbablù le intrattenne raccontando storie e offrì loro leccornieLe sorelle cominciarono a pensare: “Insomma, questo Barbablù forse non è poi tanto cattivo”.
Tornarono a casa e non finivano di parlare di quella giornata così interessante, di quanto si erano divertite, pure, riaffioravano i sospetti e i timori nelle due sorelle maggiori, ed esse giurarono di non rivedere mai più Barbablù. Ma la più piccola pensò che se un uomo poteva essere tanto affascinante, allora forse non era poi tanto cattivo. Più rimuginava tra sé, meno le sembrava terribile, e anche la barba le pareva meno blu.
Così quando Barbablù chiese la sua mano, lei accettò. Aveva accolto con orgoglio la proposta di matrimonio, e pensava di sposare un uomo molto elegante. Si sposarono, e poi andarono al suo castello nei boschi.
Un giorno andò da lei e le disse: “Devo andare via per qualche tempo. Invita qui la tua famiglia, se ti fa piacere. Potrete cavalcare nei boschi, ordinare ai cuochi di preparare un banchetto, potrai fare tutto quello che vuoi, tutto quello che il tuo cuore desidera. Puoi aprire tutte le porte dei magazzini, le stanze del tesoro, qualunque porta del castello; ma non usare questa piccola chiave con la spirale in cima”.
Rispose la sposa: “Sì, farò come dici. Mi sembra bellissimo. Vai dunque, mio caro marito, non preoccuparti e torna presto”. Così lui partì, e lei rimase.
Le sorelle andarono a trovarla e, come tutte le donne, erano molto curiose di sapere che cosa il padrone aveva detto di fare durante la sua assenza, gaiamente la giovane sposa raccontò tutto.
Le sorelle decisero di fare il gioco di trovare quale chiave apriva quale porta. Il castello era di tre piani, con un centinaio di porte in ogni ala, e siccome molte erano le chiavi del mazzo, si divertirono immensamente a passare da una porta all’altra. Dietro a una porta c’erano le dispense, dietro a un’altra i depositi delle monete. In ogni stanza c’erano beni di ogni sorta. E ogni volta sembrava tutto più meraviglioso. Alla fine arrivarono alla cantina.
Si scervellarono sull’ultima chiave, quella con la piccola spirale in cima. Udirono uno strano suono, sbirciarono dietro l’angolo e - guarda, guarda!- c’era una porticina che si stava appunto richiudendo. Cercarono di riaprirla, ma era sprangata. Una gridò: “sorella, sorella porta la tua chiave. Sicuramente è questa la porta della misteriosa chiavetta”.
Senza riflettere neanche un momento una delle sorelle infilò e girò la chiave nella toppa. La serratura scattò, la porta si spalancò, ma dentro era così buio che non potevano vedere nulla.
“sorella, sorella porta una candela”. Venne accesa una candela e portata nella stanza, e le tre donne lanciarono tutte insieme un urlo perché la stanza era un lago di sangue e ossa annerite di cadaveri erano sparse ovunque, e negli angoli i teschi erano impilati come piramidi di mele. Richiusero velocemente la porta, sfilarono la chiave dalla toppa e si aggrapparono l’una all’altra, respirando affannosamente. Dio mio! Dio mio!
La sposa guardò la chiave e vide che era macchiata di sangue. Terrorizzata usò l’orlo della gonna per ripulirla, ma il sangue restava. Ogni sorella prese la chiavetta in mano e cercò di farla diventare come prima ma il sangue non se ne andava. La sposa si nascose in tasca la piccola chiave e corse in cucina. Quando arrivò, il suo abito bianco era macchiato di rosso dalla tasca all’orlo perché la chiave lentamente versava gocce di sangue rosso scuro. Ordinò al cuoco di darle uno strofinaccio, strofinò la chiave, ma non smetteva di sanguinare, goccia su goccia, puro sangue rosso. Portò fuori la chiave, la strofinò con la cenere. La ricoprì di ragnatele per arrestare il flusso, ma niente riusciva ad arrestare il sangue. Pensò di nasconderla, la mise nell’armadio e chiuse la porta.
Il marito tornò la mattina dopo ed entrò nel castello chiamando la sua sposa. “allora, com’è andata durante la mia assenza?”
“E’ andato tutto bene sire”
“bene, allora sarà meglio che tu mi restituisca le chiavi”
con una rapida occhiata si accorse che mancava una chiave. “Dov’è la chiave più piccola?”
“Io…io l’ho perduta. Stavo cavalcando e il mazzo di chiavi mi è caduto”
“Non mentirmi! Dimmi cosa hai fatto con quella chiave!”
le posò una mano sulla guancia come per accarezzarla, ma invece la afferrò per i capelli. “Infedele” ringhiò, e la gettò a terra “sei stata nella stanza, vero?”
Spalancò l’armadio e la piccola chiave sul ripiano in alto aveva sanguinato sangue rosso sulle belle sete dei suoi abiti appesi lì.
“Ora tocca a te mia signora” urlò, e la trascinò nella cantina, fino alla terribile porta. La porta si aprì. Là giacevano gli scheletri di tutte le sue mogli precedenti.
“Eccoci!” ruggiva, ma lei si era aggrappata alla porta e non lasciava la presa. Implorò per la sua vita ” ti prego, consentimi di raccogliermi per prepararmi alla morte. Concedimi un quarto d’ora per trovarmi in pace con Dio”.
“va bene avrai un quarto d’ora, e fatti trovare pronta”.
La sposa salì di corsa le scale per raggiungere la sua camera e per mandare le sue sorelle sui bastioni del castello. Interrogava le sorelle.
“Sorelle, sorelle! Vedete arrivare i nostri fratelli?”
“Non vediamo nulla, nulla sulle pianure aperte”
“Vediamo un turbine in lontananza, forse un polverone”
Intanto Barbablù chiamò a gran voce la moglie perché scendesse in cantina, dove l’avrebbe decapitata.
“Sorelle, sorelle! Vedete arrivare i nostri fratelli?”
Urlarono le sorelle: “Sì, vediamo i nostri fratelli che arrivano ed entrano nel castello!”
Barbablù si lanciò verso la camera della moglie. Pesanti erano i suoi passi, le pietre del vestibolo si aprirono, la sabbia della calcina cadde sul pavimento.
Mentre Questa storia riguarda l’uomo nero che abita la psiche di tutte le donne, il PREDATORE INNATO. Barbablù rappresenta un complesso di profonda reclusione che si acquatta ai margini della vita di ogni donna e osserva, in attesa di un’occasione per contrastarla. Dobbiamo riconoscerlo, proteggerci dalle sue devastazioni e infine privarlo della sua energia sanguinaria.
Donne ingenue come prede. La donna INGENUA sarà catturata dal suo stesso cacciatore interiore. Nella storia, la sorella più giovane mostra una totale ingenuità sui propri processi mentali e una totale ignoranza dell’aspetto delittuoso della propria psiche, si lascia adescare dai piaceri dell’IO. Tutti gli esseri umani vogliono raggiungere il paradiso subito, ma l’intenso desiderio del paradisiaco, se si combina all’ingenuità, fa di noi cibo per il predatore. Un precoce addestramento a “mostrarsi carine” induce le donne a calpestare le proprie intuizioni.
Alcuni aspetti della psiche, rappresentati dalle sorelle maggiori, sono dotati di maggiore introspezione, le loro voci vanno ascoltate. La donna ingenua insiste nella mossa distruttiva, come spinta da un coatto barbabluesco. In un angolo riposto della sua mente ci sono sicuramente le sue sorelle maggiori che le dicono: “No, basta! Non fa bene alla mente ne’ al corpo. Ci rifiutiamo di continuare” Ma il desiderio di trovare il paradiso spinge la donna a sposare Barbablù, il mercante di droga per le vette psichiche. La promessa ingannevole del predatore è che la donna diverrà regina, invece si programma il suo assassinio.
La chiave. La piccola chiave è l’accesso al segreto che tutte le donne sanno e che pure non sanno. La donna ingenua accetta di “non sapere”. Proibire a una donna di usare la chiave della consapevolezza la priva del suo naturale istinto alla curiosità e della scoperta di “quello che sta sotto”. Decidendo di aprire la porta della stanza segreta, una donna sceglie la vita. Banalizzare la curiosità femminile nega l’introspezione, le impressioni, le intuizioni della donna. Cerca di attaccare il suo potere fondamentale.
Porsi la domanda giusta è l’azione centrale della trasformazione. La domanda-chiave provoca la germinazione della consapevolezza. Le domande sono le chiavi che fanno spalancare le porte segrete della psiche.
Lo Sposo- Bestia. Una donna può cercare di nascondersi le devastazioni della sua esistenza, ma l’emorragia (il sangue sulla chiave), la perdita dell’energia vitale, continuerà finche non riconoscerà il predatore per quello che è e non lo controllerà. Quando le donne aprono la porta della loro esistenza ed esaminano la carneficina, per lo più scoprono di aver permesso l’assassinio dei loro sogni, dei loro obiettivi delle loro speranze. Quando si fa questa scoperta nella propria psiche è certo che il predatore naturale ha lavorato alla distruzione dei più cari desideri di una donna.
L’odore del sangue. Il sangue rappresenta la decimazione degli aspetti più profondi e legati all’anima della vita creativa. In questo stato la donna perde l’energia per creare. Quando la chiave sanguinante - la domanda urlante- macchia i nostri personaggi, non possiamo più nascondere i nostri travagli. Non possiamo più far finta di non aver visto la stanza della morte. L’io censorio certamente desidera dimenticare di aver visto la stanza, di aver visto i cadaveri, la sposa cerca di pulire la chiave, ma non ci riesce. Quella che prima era un’ingenua deve ora affrontare l’accaduto. Il predatore è particolarmente aggressivo nel tendere imboscate alla natura selvaggia delle donne. Per questo le domande vanno poste e devono ricevere una risposta. Il lavoro più profondo di solito è il più buio, non abbiate quindi paura di indagare il peggio, solo così è garantito un aumento del potere dell’anima. La Donna Selvaggia non teme l’oscurità più oscura, gli avanzi, gli scarti, la rovina, il fetore, il sangue, le ossa fredde, le ragazze morenti o i mariti assassini. Può vedere, sopportare, aiutare. Gli scheletri nella stanza rappresentano la forza indistruttibile del femminino
La giovane e le sue sorelle sono capaci di spezzare il vecchio modello di ignoranza e di contemplare un orrore senza volgere altrove lo sguardo Barbablù uccide e demolisce una donna finche non ne restano che le ossa. Noi dobbiamo osservare la cosa mortale che si è impadronita di noi, vedere il risultato del suo lavoro, registrarlo consciamente e poi agire. Trovare i corpi, seguire gli istinti, vedere, smantellare l’energia distruttiva.
Nascondersi e spiare. Per sfuggire a un predatore l’anima si nasconde sotto terra e ogni tanto fa capolino per vedere se si allontana. In Barbablù la psiche cerca di non farsi uccidere. E’ diventata astuta, chiede tempo per rinforzarsi. Quando una donna comprende di essere stata preda, sia nel mondo esterno che in quello interno, non riesce a sopportarlo. Programma l’uccisione della forza predatoria. Il suo complesso predatorio si affanna nel tentativo di bloccare tutte le vie di fuga, diviene sanguinario. In questo tempo critico addormentarsi vuol dire morire. Bisogna invece spostarsi dallo stato di vittima a quello di persona acuta, vigile, attenta. A questo punto non si deve tremare, ne’ umiliarsi.
L’urlo. I fratelli psichici sono i propulsori più muscolosi della psiche, sono la forza che può agire quando è tempo di uccidere. La donna deve esercitarsi a richiamare la sua natura combattiva, il suo vortice di vento. Quando le donne riaffiorano dall’ingenuità, portano con sé qualcosa di inesplorato, in questo caso un’energia maschile interiore. Quando questa natura del sesso opposto è in buona salute ama la donna in cui alberga e la aiuta a compiere quello che lei chiede. Più l’animus è forte e vasto, maggiori saranno le capacità con cui la donna manifesterà le sue idee e il suo lavoro creativo nel mondo esterno in modo concreto.
I mangiatori di peccati. Il corpo di Barbablù viene lasciato ai mangiatori di carogne. Nei tempi antichi esistevano i mangiatori di peccati, che si assumevano i peccati, i rifiuti della comunità. Invece di insultare il predatore della psiche, o di sfuggirgli, lo smembriamo, catturiamo i pensieri irritanti prima che diventino troppo grandi da nuocerci e li smantelliamo, contrapponendogli le verità che ci alimentano. Riprendere l’energia dal predatore e trasformarla in altro.
Barbablu è un racconto di ingenuità psichica, ma anche della possente rottura dell’ingiunzione di “apparire”.
L’uomo nero. Il sogno dell’uomo nel buio. Nella storia di Barbablu si parla della trasformazione di quattro introiezioni vaghe e indistinte: non avere visione, non avere introspezione, non avere voce, non avere azione. Per bandire il predatore dobbiamo fare il contrario. Dobbiamo spalancare la porta per vedere cosa c’è dentro la stanza. Dobbiamo usare l’introspezione e la capacità di sopportare la visione. Dobbiamo enunciare con voce chiara la nostra verità ed essere capaci di fare quanto è necessario nei confronti di ciò che vediamo..
Per l’ingenua e per la donna dall’istinto leso la cura è la stessa: esercitarsi ad ascoltare l’intuito, porsi domande, essere curiosa, vedere quel che si vede, ascoltare quel che si sente, e poi agire in base a ciò che si sa essere vero.
Quando facciamo sogni con l’uomo nero, un potere contrario sta sempre appostato in attesa di aiutarci. La donna selvaggia., che insegna alle donne a non essere “carine” quando si tratta di proteggere la vita dell’anima Essere “dolci” in questi casi fa solo sorridere il predatore. Quando la vita dell’anima è minacciata non soltanto è accettabile tirare una riga, è indispensabile

Con JimdoPro e JimdoBusiness! 

 


Ululato del Lupo
Ululato del Lupo
Ululato del Lupo
Ululato del Lupo
Ululato del Lupo